Scelta di testi tratti dai brani di Makumbo e dei Radon Squad
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INTRODUZIONE
Rinchiudere Makumbo in delle pagine scritte, è un po’ il tradimento, forse l’unico ammissibile, rivolto al buon amico. Alla cosa reagisce con un sorriso, la tipica reazione dei caratteri miti, come un orso, anche se è molto probabile che nella notte poi ti sbranerà... La prima volta che ho ascoltato le sue cose e quelle dei Radon Squad non potevo crederci, in particolare all’ascolto di Makumbo saltavano tutti i riferimenti, sembrava un misto tra il frate di Nostra Signora dei Turchi, Truce Baldazzi e W. Burroughs. Dalle prime produzioni del 2013 dove il testo, per la voce, rappresenta ancora un riferimento, una partitura, con la metrica tipica della cultura rap, alle ultime cose dove il testo non segmenta più, Makumbo segue il flusso in cui respiro e parola hanno la stessa funzione; Ansimare, sospirare, fare rima, imprecare, respirare affannosamente, il sovrapporsi di voci fuori sincrono, esitare, sbuffare, il falsetto, i rumori, le risate, i rutti, Makumbo utilizza tutto. Nonostante questo vitalismo c’è un rifiuto del performare, rifiuta la battle, il talent show, l’esprimersi a comando, una specie di pigrizia ribelle tipica dei personaggi di A. Rezza, della provincia desolata/depravata di Ciprì e Maresco. Makumbo conserva una natura semplice quasi di strada, non a caso il legame con il rap e l’improvvisazione rimane fortissimo, ma intuisce la gabbia, quella imposta dalla vita, dal linguaggio e della comunicazione a tutti i costi dei tempi attuali e della sua pornografia emotiva, rifiutando i modelli dominanti, in cui il rap e tutte le sue derive raramente rappresentano un vero riscatto. Speriamo con questi testi di suscitate curiosità nel lettore, al punto da essere spinto ad ascoltare con attenzione le sue cose.
released March 9, 2020